Picà la sghezza: oggi solo qualche nostalgico compie ancora gli antichi gesti che caratterizzavano le attività tradizionali, non più spinto dalla necessità, ma dal desiderio di non rompere i legami con il mondo e con la cultura “dei suoi vecchi”.

I lavori:   introduzione

     I profondi cambiamenti che hanno interessato Viganella negli ultimi decenni sono ben sintetizzati in un’annotazione che Renzo Mortarotti scriveva già nel 1985:
     “L’Ossola è un universo di contadini piccoli proprietari, ove le messi, i raccolti, e le cure del bestiame sono pressoché l’unica occupazione dalla quale, e solo da essa, questo universo contadino trae ragione di vita. Oggi, con radicale inversione, industria, commercio e turismo dominano l’economia dell’Ossola, e la vita contadina non ha più incidenza, nonostante per secoli essa sia stata la grande protagonista sulla scena dell’Ossola”(1).
     L’estremo frazionamento della proprietà è una realtà ben presente a Viganella. Possedere la terra che si coltiva e la casa in cui si abita è sempre stato un bisogno innato fortissimo negli ossolani. Gli antichi statuti punivano con maggior rigore gli attentati alla proprietà come i furti piuttosto che le offese alle persone. Il desiderio di essere proprietari di una anche minima parcella di terra o di edificio si è inevitabilmente tradotto in una consuetudine della successione ereditaria basata sulla suddivisione in parti uguali tra gli eredi dei beni disponibili determinando così una polverizzazione delle già esigue proprietà.
     La debolezza economica che tale situazione genera era compensata da fattori positivi: era garantita una forte stabilità sociale in quanto, essendo tutti proprietari, non esistevano quelle tensioni che la presenza di masse di braccianti e di salariati potevano suscitare. Ogni nucleo famigliare, inoltre, poteva contare sull’aiuto reciproco degli altri componenti della comunità per i lavori più pesanti e urgenti.
     Tale sistema, basato su equilibri tanto fragili, era destinato ad entrare inesorabilmente in crisi perché incapace di adeguarsi ai progressi dell’agricoltura e alle trasformazioni delle attività industriali e commerciali intervenute nel corso dell’800.
     Scrive Renzo Mortarotti:
     “I progressi agronomici dell’800 riveleranno in pieno la fragilità e la debolezza dell’Ossola contadina, inadeguata o restia alla formazione e all’esercizio di almeno qualche industria agricola con l’introduzione di macchine, di irrigazione efficiente, di buoni allevamenti, produzione del concime necessario, facilitazione di comunicazioni e trasporti, reperimento di capitali per le indispensabili sistemazioni fondiarie e miglioramenti alle culture. All’opposto: liti continue tra vicini per questioni di confine e per le servitù che gravano sui fondi, spreco di lavoro, impoverimento dei terreni per mancanza di letamazione, refrattarietà all’istruzione agricola, scompensi per spese ed imposte erariali” (2).
     Così anche a Viganella si prolunga nel tempo un modello di vita di pura sussistenza fondato su un duro lavoro tecnicamente primitivo e di bassa resa, teso unicamente a soddisfare i bisogni primari di sussistenza delle famiglie, tipico di una società chiusa e priva di disponibilità di denaro.
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     Quando il processo di industrializzazione porta le fabbriche a Villadossola e le dighe nell’alta valle Antrona, questo modello di vita secolare subisce gradualmente profonde trasformazioni. Se in un primo tempo il nuovo reddito serve soltanto ad integrare i bilanci delle famiglie, lentamente, ma inesorabilmente, nel volgere di alcuni decenni le attività agricolo-pastorali vengono del tutto abbandonate. Oggi solo qualche nostalgico compie ancora gli antichi gesti che caratterizzavano le attività tradizionali, non più spinto dalla necessità, ma dal desiderio di non rompere i legami con il mondo e con la cultura “dei suoi vecchi”.
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LA VITE
     La coltivazione della vite ha occupato per secoli a Viganella il posto d’onore fra le attività agricole, seconda solo alla pastorizia, sia per l’estensione dei terreni, sia per il valore economico. Con l’uva in particolare si produceva il vino che, oltre ad essere oggetto di esportazione, veniva consumato in quantità  rilevanti poiché costituiva un elemento integrativo nell’ambito di un’alimentazione povera.
     Un tralcio di vite e un maglio, simbolo dell’antica attività estrattiva del ferro, sono rappresentati sullo stemma di Viganella.
     I gesti e le attività inerenti la coltivazione della vite occupano ampio spazio all’interno di questa sezione riguardante i lavori.
(segue...)

Recentemente un architetto di Milano, acquistati alcuni ruderi e dei terreni, ha reintrodotto la coltivazione delle vite con la prospettiva di un agriturismo specializzato nella produzione di vino.

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1) R. Mortarotti, L’agricoltura nella vecchia Ossola, in “Bollettino storico per la provincia di Novara”, Anno 1985, p. 65.
2) Ivi, p. 66. Tra le servitù in uso a Viganella si ricorda il “diritto di fuoco” nelle baite degli alpeggi, ossia il diritto all’uso del focolare per     cucinare il pasto.