Magazzini della S.I.S.M.A. Negli anni settanta la S.I.S.M.A. si estende su 116.000 m2 di cui 70.000 coperti; vi lavorano 1.700 persone. Nel marzo 2008 i capannoni della fotografia sono stati demoliti.

La fabbrica:   introduzione

     I racconti degli anziani di Viganella riportano spesso i nomi degli alpeggi su cui si sono svolte per lunghi anni le attività agricolo-pastorali. Alcuni di essi si trovano sul versante a solatìo: Caval, Beula, Gura, Gurbegia, Faiel… Questi luoghi sono collegati da un sentiero non sempre agevole, spesso ripido e scosceso, ed ora reso ancora più difficoltoso dallo stato di abbandono della montagna. Fino all’autunno del 2000 chi lo percorreva, giunto in fondo al vallone del rio Frera, poteva ancora scorgere l’imbocco di una galleria, ostruita a pochi metri dall’ingresso, da cui sgorgava una sorgente; la roccia era di un color rosso cupo; l’acqua aveva un forte sapore di ferro. L’alluvione di quell’anno ha spazzato via tutto. Gli ultimi segni dell’estrazione del minerale in valle Antrona si sono così perduti.
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     Non si conosce con esattezza a quale epoca risalga l’inizio dello sfruttamento delle miniere di Ogaggia nel vallone del rio Frera. Senz’altro si deve collocare in un tempo antecedente il documento più antico giunto a noi che risale al 20 luglio 1217:
“Il vescovo di Novara e signore dell’Ossola superiore, Oldeberto Tornielli… affitta ad Alberto Camporanco di Villa e ad Uberto maestro fonditore un forno in Val Magliasca con l’acquedotto, i boschi e le miniere spettanti allo stesso forno” (1) .
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     La valle Antrona, ricca di acque indispensabili per il funzionamento dei magli e di boschi necessari alla produzione di carbone, era un centro minerario. I luoghi più sfruttati per l’estrazione erano le pendici del monte Ogaggia. Lunghe gallerie percorrevano l’intera zona, ora cancellate dalla vegetazione e ostruite dalle frane. La lavorazione del ferro avveniva in quel tratto di valle che da Rivera conduce a Schieranco, nelle località di Prato, Forno, Terzo e Ruginenta che accoglievano quasi esclusivamente minatori e operai addetti ai forni e ai magli. Di fronte al paese di Ruginenta esisteva anticamente Isella, un isolotto distrutto da una piena dell’Ovesca,  uno dei centri di lavorazione del ferro.
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     Dopo un periodo di crisi durato oltre un secolo verso la fine del ’700 l’estrazione del ferro in valle Antrona riprese ad opera di Pietro Maria Ceretti, fabbro ferraio di Intra. Avuta conferma da esami chimici che si trattava di minerale di buona qualità, nel 1796 ottenne la concessione della miniera di Ogaggia che venne così riattivata. Si riprese dunque a scavare. Il minerale era portato a spalla fino a Viganella. Un nuovo forno venne costruito in una località nei pressi di Porta. Qui avveniva una prima lavorazione: “la miniera (2) di ferro della Valle Antrona viene abbrustolita con la mira di agevolarne la fusione e di alleggerirne il peso, in quanto che per fonderla bisogna trasportarla a spalle d’uomo ad una distanza rilevante” (3). Il metallo così alleggerito era trasportato a Villadossola per la lavorazione finale.
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     Nel 1892 Vittore ed Enrico Ceretti, figli di Ignazio, succeduto a Pietro Maria, si separano dalla società ”P.M. Ceretti” e fondono la S.I.S.M.A., ”Società Industrie Siderurgiche Meccaniche ed Affini”.
     La ”P.M. Ceretti” crea in valle Antrona il primo impianto idroelettrico dell’Ossola, per fornirsi della nuova fonte di energia.
Nel 1918 sorge a Villadossola un’industria chimica, la Montecatini. Qui, nel secondo dopoguerra, è inventata e prodotta la colla VINAVIL (Vinilico-Villadossola) .
     “L’Ossola, allora, la povera Ossola che per secoli a causa della proverbiale sterilità del suolo aveva costretto i suoi abitanti a correre il mondo in cerca di lavoro, sperimentò il fenomeno opposto della immigrazione: migliaia di famiglie da tutte le parti d’Italia cercarono ed ottennero un posto di lavoro ed un pane meno difficile nelle industrie ossolane”(4).
Durante i primi decenni del ’900 alcuni uomini di Viganella lavorano in fabbrica a Villadossola (5) e il lavoro stabile riduce il fenomeno dell’emigrazione sia permanente che stagionale. Negli anni ’70 quasi tutti gli uomini di Viganella lavorano in fabbrica. E’ un lavoro pesante, reso ancor più duro dal fatto che il trasferimento da Viganella a Villadossola avviene con la bicicletta, e a volte addirittura a piedi, in qualunque stagione, con qualunque tempo.
     Il lavoro in fabbrica non pone fine all’attività agricolo pastorale, ancora necessaria all’economia familiare e condotta principalmente dalla donna. La conciliazione di queste due esigenze, il lavoro in fabbrica e il lavoro nei campi o sugli alpeggi, non è facile e porta a volte a soluzioni ”traumatiche” nel vero senso della parola, come emerge dalle testimonianze.
(segue...)
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1) T. Bertamini, Storia di Villadossola, Verbania, ed. di “Oscellana”, 1976, p. 245.
2) Con il termine “miniera” si intende il minerale.
3) G.B.Fantonetti, Le miniere metallifere dell’Ossola in Piemonte, Milano, 1838.
4) T. Bertamini, Storia di Villadossola, cit., p. 278.
5) G. Brocca, Lo spopolamento montano nelle valli Ossolane,  Tip. Failli, Roma, 1932. L’autore indica una percentuale di spopolamento a     Viganella del 13% dal 1871 al 1911 e del 3,7% dal 1911 al 1921, “ragione speciale dei lavori idroelettrici dell’Ovesca e degli stabilimenti     di Villadossola ai quali accorre la monodopera giornaliera da Montescheno, Seppiana, Viganella, con intensità massima dal primo, e     minima dal terzo, in ragione della distanza” (ivi, p. 55).
    Anche P. Landini, Le condizioni geografiche fondamentali dell’ “habitat” permanente e pastorale in valle Antrona, in “Bollettino storico per la     provincia di Novara”, anno 1928. L’autore parla di una “emigrazione giornaliera (soprattutto da Montescheno e da Seppiana) di operai che     vanno a lavorare nelle fabbriche di Villadossola, partendo alla mattina e tornando alla sera” (ivi, p 463).