Arrivo della processione all’alpe Caval nel 2005. La foto riporta lo stesso sfondo di quella che apre la parte introduttiva: la baita di sinistra è stata ristrutturata; quella di destra è crollata. I prati sono incolti, l’abbigliamento delle persone è cambiato... come vuole la tradizione, la processione è aperta dalla ”bandarola”.

Le feste: testimonianze

IL  ”BUNDI’ ”
    Il primo dell’anno andavamo ad augurare il buongiorno. Tutti noi bambini andavamo in giro con la borsa a dare il buongiorno, a Viganella il mattino presto, invece a Rivera il pomeriggio. Ci davano due castagne cotte, il brot, e qualche spagnoletta, qualche mandarino, poca roba, castagne e noci e un piccolo grappolo d’uva. L’uva la appendevano ad un bastone nella camera da letto per conservarla e capitava che qualche famiglia ne avesse ancora a capodanno.
     Io andavo a dormire con nonna Anna, nella sua camera, e là vedevo quell’uva appesa al soffitto e non potevo mangiarla… ci dava qualche acino alla volta; anche noi staccavamo qualche acino quando ci si poteva arrivare: pizzucà, dicevamo: togliere qualche acino per volta.
     La figlia di Marianna arrivava giù da Cheggio con una mela per ciascuno, non due, ne bastava una sola per darci il buongiorno. E noi bambini avevamo castagne per tutta settimana, perché si faceva su una bella borsa a girare tutte le case… e ne mangiavamo un po’ per giorno e… erano come caramelle! E di quelle buone!

I RE MAGI
     I tre re passavano… a volte avevano qualcosa di buono e talvolta poco o niente. Due spagnolette, due noci, un po’ di uva, per lo più cose nostrane. Non c’era Gesù Bambino, c’erano i tre re e basta. Ai bambini che andavano a letto le mamme ci dicevano:
     “Adesso andate a dormire che poi devono passare i tre re”.
     E allora passavano gli uomini con una campana, di quelle che si mettevano al collo delle mucche, delle capre, e simulavano il passaggio dei tre re. Suonavano un po’ e i bambini andavano a dormire contenti di sentire passare i tre re. Si metteva una scodella prima di andare a dormire, in casa o su una finestra; anche sulla finestra perché i tre re avevano i cavalli e potevano arrivare all’altezza delle finestre a mettere i doni. E noi a non dormire per sentirli arrivare. Pensa un po’! E invece non li sentivamo perché (ovviamente ci addormentavamo).
     Ricordo che una volta, ero già grandicella, ho messo una scodella del burro, di legno, e papà vi ha messo un pane di segale; è stata l’ultima volta… l’avessi adesso quel pane di segale… allora ci accontentavamo! Per forza, non c’era altro, bisognava accontentarsi.

LA MADONNA DI FEBBRAIO (1)
     E poi arrivava la Madonna del due di febbraio; addobbavamo un pino, un bel pino e vi appendevamo tutte cose fatte in casa: asciugamani, fazzoletti, matasse di lana o di filo, canapa con cui far corde per fare le pantofole, calze, pantofole, una rucà di lana; ti spiego cos’è:  ai tempi in cui si filava la lana, prima la cardavano, poi l’arrotolavano su un bastoncino e quel bastoncino con su la lana si chiamava rucà; la mettevano sulla rocca e poi col fuso la filavano.
     Questo pino lo portavano nella chiesa all’offertorio per farlo benedire quando si andava all’altare a baciare (l’effigie della Madonna); poi lo portavano fuori. Si tagliava ramo per ramo, dove erano stati appesi asciugamani, vestiti o grembiuli e si mettevano all’incanto.
     Quella festa era stata abbandonata quando è mancato il prete. Quando poi l’hanno reintrodotta, ho messo sul pino un asciugamano di tela, un pezzo di tela sufficiente per un asciugamano; diventavano tutti pazzi perché ormai era rara. E i soldi sono a beneficio della chiesa.
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1) Il due febbraio è un giorno importante per Viganella: torna     il sole dopo 84 giorni.


SANTA MARIA
     Santa Maria una volta era una festa importante. Si cantava Messa e Vespro, si svolgeva la processione e le donne portavano in testa addobbi detti cavegn e le bambine un velo bianco.
      C’erano i banchetti con biscotti, caramelle. I pastori scendevano dagli alpeggi con le bestie, scendevano i ragazzi che erano stati su. Portavano i formaggi all’offerta. Si consegnavano le bestie ai proprietari e ai ragazzi comperavano due biscotti, due caramelle.
      C’era addirittura anche il gelato: un certo Tofanelli arrivava da Villadossola in bicicletta con i gelati su una caula… era una festa grande… era la fine dell’estate.

IL GIORNO DEI MORTI
     Il giorno di Ognissanti era una festa grande, con Messa e Vespro. La mattina dopo, ricorrenza dei morti, si celebrava la Messa alle cinque. Bisognava alzarsi verso le quattro; se si faceva in tempo si andava al cimitero ad accendere un lumino, oppure si andava subito a Messa. Poi si svolgeva la processione al cimitero. Gli operai che andavano in fabbrica alle sei, si alzavano per andare a Messa e poi partivano; andavano in bicicletta e partire alle cinque era già un po’ tardi, secondo anche come era il tempo; la strada non era asfaltata come adesso… c’era la ghiaia… Dicevano tre Messe…

IL BATTESIMO
     Per il Battesimo si usava una culla particolare in cui si metteva il neonato, con una bella coperta e un velo che la copriva tutta tenuto sollevato da una fascia di legno. Il bambino si portava in chiesa nella culla, non in braccio; lo si sollevava solo per ricevere l’acqua, solo in quel momento. La coperta era rossa e nera, di panno nero con un bordo rosso tutto attorno, era una coperta speciale, usata solo per il Battesimo. E poi c’erano i vestitini belli, con le cifre ricamate, con il nome… Il bambino lo portavano i padrini, non papà e mamma, perché allora lo si doveva battezzare entro gli otto giorni; non si aspettava troppo, come adesso che sono battezzati quando già camminano da soli…

ANDARE A BALLARE
     Quando si usciva con le ragazze, allora si andava a ballare. Andavamo a San Pietro, nell’ex albergo, oppure alla Madonna o ad Antrona, in bicicletta e la ragazza sulla canna della bicicletta.
     I genitori non le lasciavano venire volentieri quando si andava in giro. Per ballare bisognava andare a casa della ragazza, si doveva andare dai suoi genitori a chiedere il permesso… si doveva andare a prenderla e poi riaccompagnare a casa; e l’ora la decidevano i suoi… mezzanotte o mezzanotte e mezza… e tante volte erano le undici…

LA MADONNA DEL BISAN
     Se percorri il vecchio sentiero da Rivera a Viganella incontri la Cappella del Bisan. Si è sempre avuta molta devozione per quella Madonna e non solo da parte degli abitanti di Viganella, ma anche di Antrona o di altri paesi che venivano fin qui a pregarla.
     Ai piedi della cappella una volta sgorgava una piccola sorgente, considerata acqua benedetta; è scomparsa quando hanno fatto i lavori di ampliamento della carrozzabile. Venivano a prendere quest’acqua per gli ammalati, per darla da bere o per bagnare il volto. E quando qualcuno era in agonia si portavano qui i bambini a pregare perché potesse fare una buona morte.

UL BUNDI’ DUL PRIM DI DL’AN  (Antonietta e Caterina)
     Ul prim dì dl’an a navan a bundì. Tit i bocia i navan in gir cun la barsaca a dì bundì, a Viganela a la matin prest, invece a Rivera i navan ul pusmešdì. I n davan do castegn coč, brot, e u gh era pö na quai spagnuleta, quai mandarin, poca roba…  castegn e nis… e na rapeta d’ìua. L’ìua i la tacavan si la cambra, si na frasca, per cunservala, e ’ndura u capitava qui famili che ul prim dì dl’an i gh evan incù l’ìua, ina rapeta d’ìua.
     Mi a nava a durmì inzema a Moma d’Ana, si la cambra, là int ul leč e vega la frasca ad l’ìua là tacà si, e no mi’ pse mangiala…  la n dava pö quai granet a la bota, u s pizzucava quand u s peva rivala… pizzucà a gevan, tirà via ma in quai ašnel.

      La Mata ’d Mariana la rivava jindà cun na poma a prin, migna do, ina, basta ina cun ul bundì. E nui ueter a gh evan da mangià castegn par tita šmana, perché u gniva pö si magara anca na bela bursa, a girà tit al ca… e nui a mangiavan in po’ par dì e… į eran di caramel! e ’d quei bon pö!


I TRI RE   (Antonietta)
     E i tri re i pasavan… taùra i gh evan be quaicoša ’d bon e taùra… u gh era magari do spagnulet, dui nis, in po’ d’ìua quela roba lì nustrana. U gh era mia ul Bambin, u gh era mia quel’abitudine lì, u gh era i tri re e basta. Al mom i n gevan:
     “Nei a durmì ades che pö i g han da pasà i tri re”
     
     E ’ndura i pasavan į oman cun ina brunza, quela ch’a matevan al cöl al vac, al crau. I sunavan in po’ e i gevan ch’i eran i tri re ch’i rivavan; indura i ueter i navan a durmì cuntint ch’i pasavan i tri re. U s mateva fo ina scuèla, drai da na a durmì, advent in ca o si na fnestra; anca si la fnestra che i tri re i gh evan i cavai e i rivavan si a meta la roba. E nui no mi’ durmì ch’a i pesan senta a meta ji i doni. Maginei! E invece a i santivan migna perché…


      ’M argordi ’n bot, ch’a sera pö ja granda, a g ho mes si ina scuèla dul bir  parqué l’era ’d bosk e ul pa u g ha mes ient in pan ’d segla; l’è bi l’ültim bot… la g ares ades cul pan ’d segla là… a s cuntentavan indura! par forza! u gh era mi’ d’aut; t ivi da cuntentàt.

MADONA ’D FAURÈR   (Antonietta)
     Pö u gniva la Madona ’d faurèr; a favan si la pescia, in bel pino e lì a tacavan si tita roba facia ’n ca na bota: scigamai, panit du nas, asc ad lana, in’àscia ’d fil, canu, ch’a favan pö cord da fa si i pzöi, cauz, pzöi, na rucà ’d lana, perché quand ch’i filavan la lana, i la scarpivan fo, pö i la rotulavan e cul bastunet lì l’era na rucà, ch’i la metevan si la roca e pus cun ul fis i la filavan…


    Sta pescia i la purtavan dvent par la geša a l’uferta, quand i navan a bašà, a fala banadì. Pus i la turnavan purtà fo. I tiravan via calam par calam ainò ch’i gh eran si o scigamai o patel o scusai, e la incantavan.


     Pö l’era nacia persa quela festa lì perché u gh era pi ’l preu e quand i l’han  turna facia mi a į ho mes si in scigaman ad tela, in toc ad tela da fa ’n scigaman, i navan balürd! parché l’era rara.  E i sod in par la geša.







SANTA MARIA   (Antonietta)
     E Santa Maria in bot l’era festa granda. U gh era Mesa, Vespul e Prucesion cun i cavègn ch’ai purtavan al féman si la testa e al matanet cun al varginel.

      U gh era i banchit cun si biscotti, caramel e… u gh era i cašir ch’i gnivan ji da l’alp, i gnivan ji cun al besti,  i tevan dre i bocia ch’i gh evan si; e i purtavan in furmač a l’uferta. Al besti ai cunsegnavan turna ai pruprietari, e ai bocia i crumpavan dui biscutit, do caramel.
      U gniva pö ient anca ul gelato, u gh era Tofanelli ch’u gniva in bicicleta cun i gelati si pa na caula… l’era na festa granda… l’era la fin dl’està.

UL DI’ DI MORT    (Antonietta)
     Ul dì ad tit i Sant l’era na festa granda, u gh era Mesa e Vespul. A la matin adré di mört, u gh era la Mesa a scinc ùr. Bsögnava alvà si vers i quatr ùr; s’u s fava temp u s nava au scimiteri a pizzà in lümin, o sedanò na a Mesa; e pus u gh era la prucesion au scimiteri. Chi ch’u nava ai ses u lvava si a na Mesa e pö i navan; u s nava in bicicletta e partì ai scinc ùr l’era ja in po’ tard, secund ul temp me ch’l’era, e la stra l’era pö mia asfaltà me ades, u gh era ji la giara… I gevan tre Messe…



UL BATESIM    (Caterina)
     Par ul Batešim u gh era la china aposta per meta ji stu uaterin, cun si na cųerta bela, in velo davanti si l’arsciòn ch’u la cųerciava ji tita. Siché ul mat u s purtava in geša int la china, migna si i brèsc, u s tirava si par pse to l’acqua, cul mument lì. La cųerta l’era rosa e negra, l’era di panno nero cun ul bord in gir ros, quela lì l’era speciala l’era propi na cųerta da Batešim. E pö u gh era i parament bei, bei o marchei, cun ul nom… E ul mat i l purtavan i guèz, migna ul pa e moma, perché ’ndura dopo vot dì i gh evan da batzal, u s peva migna spicià tröp, me ades ch’i specian quand ch’i van da par lur…


NA A BALA’    (Gino G.)
     Quand a navan via cun al matàn, indura a navan a balà. A navan lì a San Per, lì in l’albergo, o se no a navan ient a la Madona, o an Antruna, cun la bicicleta, e la mata si la cana dla bicicleta.
      Ai dasavan mi’ tanta gni quand a navan in gir. Quand ch’u s balava t ivi da na ’n ca a to la fémna, t nivi dai söi a ciamag s’i la dasavan gni… t siri ubligù a na tola e pö acumpagnala a ca; e l’ura i la davan i söi… mezzanoč, o mezzanoč e mez… tenci bot l’era pö indas ur…


LA MADONA DUL BISAN   (Daniele)
S’at fei la veia vegia par na da Rivera a Viganela, u gh è la capela dul Bišan. U gh è semper bia tanta devuzion per quela Madona, mia ma da part ad qui ’d Viganela, inca qui da ’Ntrona, qui da inent i s fermavan par pregà o i gnivan fo a pregà.
     Da sot in bot u gh era l’acqua santa; l’è scumparsa quand į han  šlargù ’l stradon. I gnivan a tola par i malevi, da beva o da metla sil grogn.
     E quand in quaidin l’era in agunia, i purtavan qui i ueter a pregà ch’u pesa ben murì.


La festa si esprime soprattutto nelle ricorrenze religiose. La chiesa è tuttora il principale punto di aggregazione della comunità di Viganella.

La "pescia" addobbata, pronta per essere portata in chiesa il due febbraio.

Il ricordo/culto dei defunti è un'altra caratteristica di Viganella. Particolare cura e attenzione è riservata al cimitero.

Pranzo al sacco durante l' "autani" (processione) all'Alpe Caval (prima domenica di agosto).
Le foto sono state scattate una nel 1948, l'altra nel 2005, più o meno nello stesso posto.

"speciala": nel dialetto di Viganella si trova una sola classe di aggettivi; pertanto si dirà per il femminile singolare "inteligenta", "granda", "aqua minerala", ecc.

ul guaz  (pl. i guez) = padrino
la guazza  (pl. al guaz) = madrina.
vocabolo di origine germanica
lettura e canto